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Luigi Venturini apprende i fondamenti della scultura a Carrara, dove all'Accademia di belle arti nel 1938 vince il "Pensionato artistico nazionale" che gli consente di trasferirsi a Roma; qui lavora nell'ambiente della scultura celebrativa fascista e dei cantieri del Foro Mussolini e dell'Eur, ma soprattutto entra in contatto con la scultura della Roma cristiana. Dopo la guerra, a confronto del suo stile precedente definito "un realismo dalle forme bloccate e tondeggianti", asseconda i valori di una committenza ora prevalentemente religiosa, e sviluppa un linguaggio arcaizzante che ricorda la plastica tesa e il segno incisivo di Arnolfo di Cambio. Tanto piu' sorprendente, negli anni Settanta, appare la svolta verso l'astrazione, sollecitata anche da nuove commissioni pubbliche. La scultura della Biblioteca non recide del tutto il legame con il referente figurativo, ma lo filtra attraverso un recupero di quella cultura "primitiva" che aveva alimentato le avanguardie d'inizio Novecento, e negli anni Settanta era ridiventata modello di ispirazione per alcuni scultori (Cascella, Sangregorio, Vallazza); come spesso in questi ultimi, le figure esplicitano anche un riferimento sessuale nell'alternanza di elementi "maschio" e "femmina". L'artista privilegia un assetto frontale, anche se un'inaspettata deviazione nell'assetto del gruppo, rispetto al basamento che ne e' parte integrante, cerca un aggancio piu' dinamico con lo spazio circostante. Stato di conservazione: buono.
