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L'opera, insieme al suo pendant 'ragazzo seduto su di una cesta' era segnalato dal Carboni in casa Barbisoni a Brescia ( Carboni, Le pitture e le sculture di Brescia che sono esposte al pubblico con un'appendice di alcune private gallerie); da qui, dopo una permanenza in una collezione non meglio identificata in Polonia e sul mercato antiquariale inglese, è giunta in collezioni Testori, che la donò alla Pinacoteca.
I Barbisoni esponevano nella loro casa ben otto dipinti del Ceruti, ma restano ancora da chairire i termini dei rapporti fra il pittore e i collezionisti bresciani: tuttavia è indubbia la sintonia - specie sul terreno delle tendenze pauperistiche e filogianseniste - fra l'artista e il padre filippino Giulio Barbisoni, collezionista ed erudito, allontanato nel 1717 dall'Oratorio, proprio perchè considerato troppo vicino alle idee gianseniste. Padre Giulio continuò tuttavia a indossare l'abito sacerdotale e a mantenere buoni rapporti con l'ordine di San Filippo Neri.
La mancanza di omogeneità all'interno del gruppo delle opere di Ceruti presenti in casa Barbisoni rende difficile parlare di committenza: tuttavia il mondo degli umili, raffigurato dal Ceruti con grande sensibilità naturalista, dichiara la propria appartenenza al clima preilluminista lombardo.
Il legame fra i due dipinti braidensi sembra sussistere 'ab origine' ed è confermato dalla coincidenza del formato, dalla stesura del colore, povero come i soggetti raffigurati, dalla analoga orchestrazione compositiva che pone i personaggi in posizione speculare tra loro.
Va evidenziata inoltre la relazione con i dipinti del ciclo Avogadro, quali 'la donna che intreccia vimini' e 'la filatrice'.